Un giorno arriva una telefonata inaspettata da suo fratello che invitava Patience in Nigeria per partecipare al battesimo di suo nipote. Al suo rientro, Patience non trova nessuno ad accoglierla, la porta chiusa, il telefono staccato. “Ancora oggi nessuno mi risponde, nessuno mi ha
restituito i miei effetti personali. Quel garage, dove sono stata per anni prigioniera, ancora oggi custodisce i resti della mia vita passata, il mio computer, i gioielli, le mie canzoni, i miei vestiti”.
“Della bambina solare e spensierata che ero è rimasto ben poco, ho creduto a lungo di essere nata nel posto sbagliato, nell’epoca sbagliata, nel mondo sbagliato. Privata di tutto, senza lavoro, casa, documenti, sono dovuta ripartire: avevo sentito parlare di un posto in Puglia dove
si lavora alla raccolta dei pomodori”.
In Puglia la aspettava “la più brutale delle tappe che ho toccato in questa disperata ricerca della felicità”: la Pista di Borgo Mezzanone. “Abitazioni di fortuna in cartone, legno, lamiere si estendevano davanti ai miei occhi senza che riuscissi a vederne la fine. Biciclette, tante biciclette. Era un crocevia di gente di ogni nazionalità, alla disperata ricerca di qualcosa. C’è chi resta in pista per poco tempo, chi ci resta per sempre, io alla sola idea di trascorrere tutta la mia vita nel ghetto rabbrividivo. Sono una donna riservata e ho cercato di non mettermi nei guai, ma i guai mi hanno raggiunta lo stesso. Per dormire in pista, in una casa di cartone, pagavo 5 euro a notte. Durante la mia prima notte lì mi hanno rubato il cellulare, la piccola scatolina nera che custodiva tutti i miei affetti: la mia famiglia ha perso le mie tracce per due anni. Dopo poco mi è scaduto il permesso di soggiorno e sono diventata una clandestina, un fantasma senza identità”.
Lì Patience lavora nei campi, durante le raccolte stagionali e rischia di morire due volte: assiderata, durante la gelata del 2017, e successivamente a causa di un incendio, provocato da una candela a carbone utilizzata per scaldarsi. “È vivido nella mia memoria il ricordo delle fiamme che divampavano a un palmo dal mio volto, mentre dalla mia bocca non usciva neppure un rantolo”.
Ma quello che sembrava un viaggio verso una sofferenza senza fine, trova un’inaspettata svolta. Patience incontra Dina, una volontaria, che la aiuta a ottenere i documenti, a intentare una causa giudiziaria ai danni della famiglia che l’aveva lasciata per strada in Sicilia: “Mi
devono 18.000 euro, ma non ho ricevuto nulla, ad oggi”.
Ora, Patience ha abbandonato la Pista, ha trovato lavoro in una fabbrica con un contratto regolare. È felice. E libera. Vive in una casa in affitto a Borgo Mezzanone e torna alla Pista solo per prendersi cura dei suoi cani. Inoltre, è entrata a far parte dell’associazione Ufficio Migrantes come mediatrice tra gli abitanti del ghetto e l’associazione, per aiutare chi, come è successo a lei, si trova in difficoltà. “Non sono esattamente un avvocato, ma, per quello che è nelle mie possibilità, mi impegno affinché possano essere ascoltate le voci di chi vive ai margini e affinché, seppure molti di noi non esistono anagraficamente, continuino ad esistere come persone, parte della comunità e, in quanto tali, siano tutelate e assistite”.
Con l’associazione “Alter Ego” sta pensando di allestire una scuola di italiano per gli abitanti del ghetto, che spesso hanno limiti linguistici e non riescono a comunicare i propri bisogni.
“Qualche anno fa, se mi avessero chiesto di ritrarre la mia vita, di fermarla in un click, avrei collezionato immagini della Pista, della mia casa di legno, di un passato difficile. Oggi, invece, ognuno di quegli scatti contiene un po’ della mia fatica, delle piccole vittorie di cui posso gloriarmi, della mia nuova vita normale. Non so se sia o meno una storia di riscatto, è senz’altro una storia di sacrifici, un resoconto onesto della strada che ho percorso sulle mie gambe per arrivare fin qui, delle battaglie che ho dovuto combattere da sola, delle piccole
vittorie di cui posso gloriarmi, della felicità che provo adesso nel poterla raccontare. Con me, del mio passato, porto qualche canzone, tanti volti e la consapevolezza di avercela fatta. Questa è la mia storia e io ringrazio Dio per avermi portata fin qui”.